Nella Domenica delle Palme del 2 aprile 2023, continua il ciclo di incontri di formazione familiari di Betania con il VI° Weekend (in realtà limitato alla sola Domenica) dal titolo "Vita eterna, istruzioni per l'uso", dal titolo "La Settimana Santa" facente parte di questo filo conduttore denominato "filo rosso" che terminerà il 17 e 18 giugno del 2023 con incontri mensili.
Riepilogo giornate precedenti
- Vita spirituale a prezzi convenienti: in cui sono stati fornite alcune definizioni:
- che cosa si intende per spirituale: Spirituale é tutto ciò che sotto l’azione, oppure nell’azione o tramite l’azione dello Spirito Santo mi parla di Dio, mi comunica Dio, mi orienta a Dio, mi stringe a Dio, mi fa cristoforme, perché mi fa diventare figlio nel Figlio;
- i nemici della vita spirituale: gnosticismo e pelagianesimo, due sottili nemici della vita spirituale e due eresie dei primi secoli della Chiesa ma che si accentuano in alcuni periodi storici dell'umanità, incluso quello attuale;
- come realizzare l'Amore di Dio nel concreto: attraverso uno sguardo spirituale ovvero guardare in alto, guardare in avanti, guardare il presente partendo dalla meta.
- Al Fonte battesimale non si va mai soli: condotto seguendo il passo evangelico Mt 18, 15-35 ovvero su la correzione fraterna, la preghiera comunitaria ed il perdono.
- Siamo alla frutta: condotto seguendo i passi biblici Gen 2,16-17 e Gen 3,1-3 sul peccato originale, focalizzando l'attenzione su:
- L’azione del serpente: insinua il dubbio nel cuore, quindi, il sospetto;
- La reazione di Eva: vede il frutto proibito buono, gradito, desiderabile;
- Il peccato: qui c'è la disobbedienza e, immediatamente come conseguenza, la paura;
- La reazione di Dio: DOVE SEI? Dio che non condanna a priori ma instaura un dialogo amorevole.
- E mo' che faccio?: Istruzioni per un discernimento efficace riflettendo sui meccanismi delle nostre scelte:
- La dinamica del peccato che segue le fasi:
(1) Suggestione
(2) Colloquio
(3) Combattimento
(4) Consenso
(5) Passione - L'origine dei desideri che bisogna comprendere per poter scegliere correttamente:
(1) desideri della carne
(2) desideri dello Spirito - Il discernimento per ricercare la volontà di Dio con il proposito di compierla:
(1) Formulare il quesito chiaro fra due o tre alternative al massimo;
(2) Raggiungere la santa indifferenza che mi svincoli dal desiderio di ciascuna opzione;
(3) Effettuare il discernimento in senso stretto analizzando lo stato d'animo suscitato da ciascuna alternativa e facendosi aiutare dal Direttore spirituale a interpretare la voce dello Spirito.
- La dinamica del peccato che segue le fasi:
- Ora pro nobis peccatoribus: visto che il discernimento presuppone una efficace preghiera ed un approccio in stato di grazia, in questo incontro abbiamo visto:
- la preghiera come un dialogo con Dio che deve entrare a far parte della quotidianità della vita, in particolare, abbiamo visto:
- Gli organi della preghiera: cuore, mente e voce;
- Gli ostacoli: voglia e tempo;
- Le distrazioni: persone, situazioni, fantasie;
- Le forme di preghiera: dialogo, duetto, monologo;
- la Consacrazione a Gesù per Maria in quanto "via facile, breve, perfetta e sicura per giungere all’unione con Gesù Cristo Signore, nella quale consiste la perfezione cristiana".
La Settimana Santa
Un cammino dove il mistero di Dio illumina il mistero dell'uomo
A cura di Fra Stefano Vita con:
- Lettura del Vangelo: fra Enzo Tortella
- Preghiere dei fedeli: sor. Valeria Mazzagalli
- Interventi di Sor. Monica Bolzoni e Sor. Monica Redivo
L'ombra della luce
Difendimi dalle forze contrarie
La notte, nel sonno, quando non sono cosciente
Quando il mio percorso si fa incerto
E non abbandonarmi mai
Non mi abbandonare mai
Riportami nelle zone più alte
In uno dei tuoi regni di quiete
È tempo di lasciare questo ciclo di vite
E non abbandonarmi mai
Non mi abbandonare mai
Perché le gioie del più profondo affetto
O dei più lievi aneliti del cuore
Sono solo l'ombra della luce
Ricordami, come sono infelice
Lontano dalle tue leggi
Come non sprecare il tempo che mi rimane
E non abbandonarmi mai
Non mi abbandonare mai
Perché la pace che ho sentito in certi monasteri
O la vibrante intesa di tutti i sensi in festa
Sono solo l'ombra della luce
In questa canzone (ascolta su YouTube) nella prima parte del video vi sono dei giochi di penombre, ombre e luci come se si rincorressero. Sembra il segno di come la vita dell’uomo con il mistero delle sue ombre cerchi una luce che diradi queste ombre e prenda il loro posto. E allo stesso tempo è il segno di un Dio Amore-Luce che cerca l’uomo per illuminare il mistero della sua vita simboleggiato dalle ombre.
La canzone dice che anche le gioie più belle, la pace più profondo non è che un ombra della luce! Come dire: Tu uomo sei qualcosa di veramente bello e prezioso, ma rimani una creatura che ha bisogno essenzialmente del suo Creatore. La luce del tuo creatore è per Te, è dentro di Te, si dono continuamente a Te.
Ecco allora il titolo di questa catechesi: “La Settimana Santa: un cammino dove il mistero di Dio illumina il mistero dell’uomo”.
Coglieremo insieme i significati principali di questa settimana, ripercorrendo giorno per giorno che questo cammino che ci conduce alla Pasqua.
Lunedì santo
giorno del profumo di puro nardo
Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Làzzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Làzzaro era uno dei commensali. Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell'aroma di quel profumo. [Gv 12,1-3]
La Genesi ci dice che l'uomo è fatto a immagine di Dio, quindi possiamo vedere Dio nell'uomo e lo possiamo fare quando l'uomo ama, "l'amore è il profumo di nardo che ha la capacità di riempire la casa del cuore, la casa delle nostre relazioni, delle nostre attività".
Gloria a Te Signore Gesù
Martedì santo
giorno del tradimento, "quello che vuoi fare, fallo presto"
In quel tempo, [mentre era a mensa con i suoi discepoli,] Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà».
I discepoli si guardavano l'un l'altro, non sapendo bene di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariòta. Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui.
Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto». [Gv 13,21-27]
La libertà dell'uomo di scegliere il male, il peccato, può far tramontare il sole sulla sua vita rendendola una notte tenebrosa e deturpando la bellezza della vita, soprattutto delle nostre relazioni, impedendoci di vedere l'amore, facendo scomparire il profumo di nardo, sostituito dal marcio del male e l'uomo non è più sé stesso.
Signore, abbi misericordia di noi.
Mercoledì santo
giorno del «sono forse io?»
I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell'uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell'uomo dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito! Meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l'hai detto». [Mt 26,19-25]
Tutti abbandonano Gesù, tutti possiamo dire «sono forse io?» e Gesù si china di fronte a questa fragilità e dona tutto sé stesso per restituirci il vero volto e, addirittura, chiama l'uomo fragile a collaborare con Lui: «non temere, d'ora in poi sarai pescatore di uomini»
Ascoltaci, o Signore!
Giovedì santo
Messa Crismale: il dono del Sacerdozio ministeriale e la Chiesa
La Messa in cui il Vescovo consacra gli oli santi, il crisma, l'olio dei catecumeni e l'olio degli infermi, un momento nel quale si celebra non solo il sacerdozio ma la Chiesa nella sua complessità con tutte le vocazioni.
Inizio Triduo pasquale
Messa in Coena Domini: il Dono dell'Eucarestia
Dio si china sull'uomo per lavargli i piedi.
Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine.
Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugamano di cui si era cinto. [Gv 13,1-5]
Ultima cena
Albrecht Durer
Entriamo nel Cenacolo convocati da Gesù insieme ai discepoli. Il volto di Gesù manifesta un grande amore ma anche una sofferenza indescrivibile perché sapeva cosa lo avrebbe atteso ma sapeva anche dove avrebbe portato questi amici.
Gesù il centro, l'autore della vita, il maestro”, la via, la verità e la vita. Gesù è in piedi esprime la solennità di questo momento. Anche i nostri volti ora sono accanto ai volti di questi discepoli.
Ultima cena
Sieger Köder
L'ultima cena con gli intimi, è il momento in cui si istituisce la Chiesa, prima istituisce il sacerdozio, è un momento drammatico, Gesù stesso è il cibo di questa cena, vero cibo vera bevanda come vediamo nel calice dove vediamo di volto riflesso di Gesù, Lui è l'agnello immolato, c'è questo pane spezzato che rappresenta la persona di Gesù spezzato per l'umanità. Ognuno con la propria personalità, con storie diverse, volti diversi, nessuno prevale.
Tutti raccolti attorno a Lui in una cosa sola.
Lavanda dei piedi
Sieger Köder
Gesù si alza ed inizia a lavare i piedi. Non si può essere Chiesa se non si vive l'esperienza di essere lavati i piedi da Gesù che poi sarà il nostro mandato.
La Comunione eucaristica con gli esclusi
Sieger Köder
L'Eucarestia è un memoriale che attualizza, permette di rivivere realmente quel momento pur essendo nel presente senza distinzione di popoli o di razze.
Gesù moltiplica ciò che offriamo.
Cenacolo
Leonardo da Vinci
Adesso ci soffermiamo su un particolare angosciante e triste che però rappresenta uno aspetto dell'umanità.
In questa convocazione in cui si istituisce il sacerdozio, la vita, l'Eucarestia, c'è anche il tradimento in cui ci si esclude dal banchetto salvifico. Giuda tiene un pacchetto di monete davanti agli occhi di Gesù a rappresentare la nostra fragilità scoperti agli occhi Suoi.
L'ultima cena
Giotto
Giuda è in mezzo ai discepoli ed esprime il mistero di una comunità fatta di responsabilità, di miseria, di amore. Un momento in cui si sta generando del male ma anche un grande atto d'amore in cui al centro di tutto c'è Gesù.
Venerdì santo
«Che cos'è la Verità?»
Dio si prende cura dell'uomo
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?».
E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante. [Gv 18,37-40]
Qual è la Verità di Dio davanti a noi? Dio è Amore concreto al punto di donare tutto Sé stesso per noi, tutto il Suo sangue, segno di un Amore senza confini, senza tramonto, senza condizioni.
Signore apri il mio cuore alla Tua Parola
Sabato santo
Il silenzio di Dio e in Dio
IL CIELO E’ D’ORO: EXULTET.
LA DISCESA AGLI INFERI
DAL POLITTICO DI SERAFINO DEI SERAFINI
(CATTEDRALE DI PIACENZA, SEC. XIV)
Oro: cielo regale, cielo celestiale, sopra la terra, oltre la terra; il cielo di Dio, la sua dimora, senza spazio e senza tempo. Il cielo etereo, il cielo che abbraccia lo spazio e il tempo: li scalda, dà loro il calore della vita, il colore del senso, la leggiadra pesantezza della materia.Ma quando la forza d’essere tramonta, e lo spazio e il tempo inghiottiscono la vita di un uomo, ogni volta è la fine del mondo. Si chiude la terra: un masso è rotolato, la pietra pesante fa precipitare tutto. La materia perde la sua forma e con essa il suo senso. Che delusione: tutto finito. E noi che ci speravamo in questa vita. E noi che amavamo quel calore, che ci lasciavamo rallegrare da quel colore, che ci agitavamo trasformando la pesantezza della materia nella spensieratezza della danza. Pare di sentirle quelle parole: quelle dei discepoli che, vista la pietra rotolare, han chiuso gli occhi e con essi la speranza. Hanno passi pesanti: i loro piedi non danzano più su quella via verso Emmaus. Ma quando Lui c’era, camminare era leggero. E sperare bello.
La notte però divenne d’oro; come il fondo di un’immagine custodita nel nostro Duomo di Piacenza. Divenne proprio d’oro. E quel cielo che abbraccia la terra, non lasciò sola la terra. La convocò. Con lei il cosmo intero. Quella pietra non poté più restare a vegliare un morto: quel morto ora vive! Lo spazio e il tempo vennero convocati a testimoni del grande evento: "Esulti il coro degli angeli, esulti l’assemblea celeste…Gioisca la terra…Gioisca la madre Chiesa" E con lei voi, fratelli. Gesù è lì, ed è il Cristo: su di lui non veglia una pietra, ma con lui il cielo diventa oro, la terra fecondata si schiude. E come ha germogliato il Redentore, ora consente al popolo dei redenti di uscire, di germogliare di nuovo a eterna vita. E’ in piedi il Cristo, leggermente piegato e con la mano sinistra porta il vessillo del vincitore. Prodigioso duello: si scontrarono la durezza della morte e la vertiginosa forza della vita, della fonte della vita; duellarono il Redentore e l’ultimo Nemico. Vinse il Redentore: ed eccolo ergersi nella feconda bellezza che ha attraversato le asperità della vita.
Quelle asperità sono lì: sono quelle rocce aride, senz’acqua e senza vita che rinchiudono i morti da gran tempo. Una schiera intera: pallidi, ormai immemori della leggerezza della vita e del danzare della speranza. Pallidi, scavati, provati, consumati. Con lo sguardo che si rianima alla vista di quello sguardo.
Che sapiente artista quel Serafino dei Serafini: quegli sguardi così piccoli da rappresentare, così grandi nel comunicare.
Si incontrano: quanto si sono cercati! Quante volte Dio ha cercato l’uomo nel riecheggiare di quella domanda piena di apprensione "Dove sei?" E quante volte l’uomo si è nascosto: tu, io, noi ci siamo nascosti, non ci siamo lasciati trovare da quello sguardo. Ma eccolo, quello sguardo: ora incontra la sua creatura. Anche Dio fatto uomo ha condiviso la sorte della sua creatura: fin lì, fin negli inferi. Quegli sguardi si cercarono fin dall’origine del mondo, fin da quel giorno in cui l’antico Nemico tentò Adamo ed Eva e la morte annodò i suoi vincoli più nefasti. Fu il giorno in cui l’uomo cerco lo sguardo di Dio, ma per fuggirlo. Ora, in questa notte lucente, lo cerca per essere redento: "Questa è la notte in cui Cristo, spezzando i vincoli della morte, risorge vincitore dal sepolcro". E’ risorto dal sepolcro, il cosmo, lo spazio e il tempo sono convocati a testimoni: la morte è vinta. Così il Cristo non si dimentica di coloro per i quali combatté il prodigioso duello: in quella tenzone duellò a fianco di ciascuno di noi. Ci prese per mano e non ci lascia.
Quella mano: è la mano che, tesa ad Adamo, lo trae di nuovo dalla terra, come fosse una nuova creazione. E ancora una volta il pallore del primo uomo è il pallore di una terra arsa, consumata, ma che amata diviene feconda. La mano non lascerà più Adamo, non lascerà più Eva. Riconoscibile accanto a quell’uomo scarno, a lui si appoggia. Fu tratta dalla sua costola: è questa l’immagine che dice dell’umanità che ogni vivente condivide nell’intimo. Anch’ella è lì, col seno ormai consumato, con il volto irriconoscibile, vinto in duello: duello per l’uomo invincibile, ma per Dio e per il suo Figlio possibile. Dietro, quella schiera: la schiera di coloro che seguono Adamo, la schiera degli uomini che si perdono nei mille rivoli dello spazio e del tempo di un cosmo che lì è abbracciato dal giorno che non tramonta.
Avevano peccato. Sono morti. Erano prigionieri di quell’arco di pietra rappresentato tra Cristo e Adamo.
Geniale nel suo rappresentare l’artista!
Sì, perché l’arco è spezzato, l’ostacolo, la chiusura, il confine è attraversato dalla mano del Cristo. E Dio, in Cristo, salva. "Davvero era necessario il peccato di
Adamo, che è stato distrutto con la morte del Cristo. Felice colpa, che meritò di avere un così grande redentore."
Oro di una notte che splende come il giorno: "Di questa notte è stato scritto: la notte splenderà come il giorno, e sarà fonte di luce per la mia delizia." E’ la notte in cui è il possibile: è la notte del calore della vita, del colore del senso, della leggerezza della materia che danza. Quei poveri volti si accalcano dietro ad Adamo, vogliono vedere, potranno danzare un tempo nuovo. Ora possono sperare. Sono quei volti che conobbero la misteriosa ora in cui Cristo è risorto dagli inferi. E promettono a noi di conoscere quel giorno e quell’ora.
Si vede anche un’aureola tra la piccola folla. Anche per la vita santa nessun vantaggio essere nata, aver danzato la propria esistenza, aver percorso il proprio tempo, se in quella gloriosa notte che divenne giorno Cristo non ci avesse redenti. Chiusa nella terra, ora si schiude al tempo divenuto eterno movimento mai stanco di vita, benché sempre di essa sazio.
O notte beata, in cui Cristo discese agli inferi, prese per mano Adamo e con lui Eva. Li strappò dall’abbraccio mortale della terra e li restituì al correre sereno del vivere. Promise anche a noi. Promette anche a te.
Immagine rara dalle nostre parti quella di Serafino dei Serafini. E’ La Discesa agli inferi: una tradizione antica è andata per noi occidentali perduta dal XIV secolo in avanti. Ma conservata nella nostra Cattedrale, epilogo di un tempo in cui il cielo di Dio era sempre caldo oro. Unica testimonianza nella nostra Diocesi. Testimonianza che attende che il nostro cuore arda quando, ascoltando parole antiche e sempre nuove, riconosceremo in quel volto, in quella croce descritta dall’arco di terra incrociata dallo stringersi delle mano di Gesù e Adamo, la notte gloriosa che fu come giorno e rese per sempre la notte come il giorno.
O notte beata, nella quale rimane ad ardere una promessa già realtà. E quei poveri volti, quei toraci scavati, quelle mani esangui; il tuo povero volto, il tuo torace scavato, la tua mano esangue, sentirà il calore vitale di Cristo, si tingerà del colore della sua vita: uomo con te, Dio per te. E il camminare torna di nuovo il danzare leggero della materia redenta. E lo sperare torna di nuovo un sorriso.
Da quella morte, la vita.!
La Veglia pasquale
«Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto»
La Veglia Pasquale è “madre di tutte le veglie”: è sempre il linguaggio di sant’Agostino, semplice, immediato e profondo, che sintetizza il significato autentico di questo evento liturgico. La Pasqua è il centro di tutto l’Anno Liturgico e deve diventare anche il centro del nostro cammino di fede.
La Veglia pasquale propone un percorso celebrativo che si svolge in quattro parti: vi è anzitutto la Liturgia della luce, a cui segue la Liturgia della Parola; poi si celebra la Liturgia battesimale, che sfocia nella Liturgia eucaristica. Ciascuna di esse si sviluppa attorno ad un simbolo: la luce, la Parola, l’acqua battesimale, il pane e il vino eucaristici.
La Luce
Il più antico inno cristologico, giunto fino a noi in greco, inizia con le parole: “Fos Ilaron”, Luce gioiosa. Cristo è Luce.
La pellegrina Eteria, visitando Gerusalemme nel IV secolo, ha annotato con precisione i riti della Settimana Santa. Parlando della notte pasquale mette in particolare risalto il “lucernario” con cui iniziava la Veglia ed annota con stupore: “Et fit lumen infinitum”. L'accensione di tutte le candele dei fedeli ha prodotto l'impressione di una luce che si dilata all'infinito.
Questi due dati dell'antichità (il più antico inno cristologico e il Lucernario che già dal IV secolo era in risalto a Gerusalemme) ci dicono l'importanza che ha assunto, fin dall'inizio, il lucernario nella notte pasquale.
È un simbolismo, quello della luce, di cui bisogna cogliere l'anima. Il tema della luce attraversa tutta la rivelazione. Dio inizia l'azione creatrice separando le tenebre dalla luce (Gen 1, 3). Al termine della storia, i cieli nuovi e la terra nuova che egli farà, avranno lui stesso come lucerna (Ap 21, 5.23). Le vicende che si situano tra i due termini assumono la forma di un conflitto in cui tenebre e luce si affrontano.
La luce è per noi legata alla vita: di uno che nasce non diciamo forse che “viene alla luce”? Le tenebre, al contrario, si prestano a raffigurare la morte. La trasposizione sul piano morale va da sé: il peccato è tenebra, la grazia e la fede sono luce. “Era notte” annota Giovanni (13, 30) mentre Giuda esce dal cenacolo per consumare il tradimento. La luce è dunque la sfera di Dio e di Cristo e vi regna il bene; le tenebre sono il dominio di Satana e vi regna il male.
Il passaggio dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita che si celebra nella Veglia Pasquale comincia nella notte, al buio, radunandosi attorno ad un fuoco, per vegliare ed accogliere quella fiamma del Risorto che illumina la vita di tutto il mondo. Mettersi a seguire il cero pasquale e accendere la propria candela alla sua fiamma significa unirsi a Cristo, portando con noi l’oscurità delle nostre “notti” personali, ma attingendo alla speranza che nessuna notte è ormai lasciata priva della presenza di «Cristo, luce del mondo». Come canta il Preconio pasquale, «questa è la notte che salva su tutta la terra i credenti nel Cristo dall’oscurità del peccato e dalla corruzione del mondo, li consacra all’amore del Padre e li unisce nella comunione dei santi».
Con l'Exultet, poi, il diacono o un cantore innalza un inno trionfale a Cristo, luce venuta a illuminare noi uomini, immersi nelle tenebre del peccato e della morte.
La Liturgia della Parola
L’intera liturgia della Parola ci aiuta in particolare a capire che in Cristo si compie un passaggio che riguarda tutta la storia del popolo di Dio, anzi tutta la storia dell’umanità: a partire dalla creazione, passando attraverso la chiamata di Abramo e il passaggio del Mar Rosso, per raccogliere tutti gli interventi profetici che annunciavano l’intervento del Signore per salvare il suo popolo e per “rifare” nuovo il nostro cuore (cfr. le letture tratte dal Primo Testamento).
La Liturgia battesimale ed eucaristica
Ecco quindi il senso della liturgia battesimale ed eucaristia. In esse si attua sacramentalmente in noi ciò che è stato annunciato: il passaggio dalla morte alla vita. Nel battesimo infatti siamo uniti alla morte di Cristo per risorgere con lui a vita nuova e nell’eucaristia ci nutriamo del dono di sé stesso che Cristo ha realizzato nella sua morte e risurrezione. Siamo nati tutti dalla Pasqua di Cristo, rivissuta nei sacramenti dell’iniziazione, e viviamo autenticamente la vita cristiana rimanendo in comunione di vita con Lui.
“Questa è la notte” - L’annuncio della Pasqua nel canto del Preconio
L’Exultet è detto anche Preconio; questo termine deriva da praeconium (da praeco -onis, «banditore»). Si tratta di un testo poetico di annuncio solenne o di encomio e lode solenne.
Il Preconio, proclamazione solenne della Pasqua, nasce come sviluppo del rito dell’accensione della lampada per l’Ufficio vespertino ed è attestato per la Veglia Pasquale già nel II secolo. Le sue prime radici tuttavia sono nella liturgia sinagogale giudaica (2).
Quale inno pasquale, in diversi modi, il testo dell’Exultet compare sin dal V secolo nelle varie Chiese e nei rispettivi libri liturgici.
In un antico testo, è riportata la notizia che da diacono sant’Agostino cantò il preconio.
Tra l’XI e il XIII secolo la parola Exultet darà anche il nome ai rotoli artistici che ne conterranno il testo insieme ad immagini della storia della salvezza, ad illustrare le parole cantate. Ne troviamo soprattutto nell’Italia meridionale (p.e. Benevento, Salerno, Bari).
Il testo del Preconio non è solo un annunzio anche solenne della Pasqua, ma una vera e propria lode che confessa l’opera di Dio in Cristo Redentore. Lodare Dio nella liturgia è espressione della fede. È, precisamente, riconoscere e confessare la verità di Dio, la sua grandezza. Il Preconio, poi, confessa la presenza viva di Colui che è morto ed è risorto una volta per tutte. Riconosce nella notte l’unica muta testimone della Risurrezione di Cristo .
Undici volte nel corso dell’Exultet, sarà evocata la notte, ricordando le opere di Dio che, sotto l’antica alleanza, sono state realizzate nella profezia della notte di Pasqua (ricordo della fuga in Egitto, della colonna di luce che guidava gli Israeliti), o designando la stessa notte santa che fu testimone del mistero. Il verso è allora sottolineato da un’esclamazione ammirata di tenerezza: «O notte beata, tu sola hai meritato di conoscere il tempo e l’ora in cui Cristo è risorto dagli inferi!».
Fermiamoci solo su un’espressione verbale del canto dell’Exultet, felix culpa. L’espressione «Felix culpa» – «felice colpa» –, riprende le parole di sant’Agostino che danno la chiave di lettura di questa parola misteriosa. Quando il santo dottore esprime il suo dolore davanti alla malizia del peccato ed esprime la sua ammirazione di fronte all’eccesso della misericordia divina che si appresta a guarire e perdonare.
Questo principio si applica in maniera speciale al peccato di Adamo, e così con questo inno, la Chiesa ci fa passare dalle lacrime della penitenza alla contemplazione ammirata del mistero della Redenzione.
«Di questa notte è stato scritto: la notte splenderà come il giorno, e sarà fonte di luce per la mia delizia. Il santo mistero di questa notte sconfigge il male, lava le colpe, restituisce l'innocenza ai peccatori, la gioia agli afflitti. Dissipa l’odio, piega la durezza dei potenti, promuove la concordia e la pace».