La Coscienza

nel Catechismo della Chiesa Cattolica

Questa “sintetica” raccolta di articoli estratti dal Catechismo della Chiesa Cattolica, riguardanti il tema: “la coscienza cristiana”, serve come preparazione all’ultimo incontro Oblati dell’anno pastorale 2021/2022 di domenica 03/07/2022.

L'UOMO E' «CAPACE» DI DIOArt. 33

L'uomo: con la sua apertura alla verità e alla bellezza, con il suo senso del bene morale, con la sua libertà e la voce della coscienza, con la sua aspirazione all'infinito e alla felicità, l'uomo si interroga sull'esistenza di Dio. In queste aperture egli percepisce segni della propria anima spirituale. « Germe dell'eternità che porta in sé, irriducibile alla sola materia », la sua anima non può avere la propria origine che in Dio solo (Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 18 ).

I FEDELI LAICI E LA LORO PARTECIPAZIONE ALL'UFFICIO REGALE DI CRISTO.Art. 912

I fedeli devono «distinguere accuratamente tra i diritti e i doveri che loro incombono in quanto sono aggregati alla Chiesa, e quelli che loro competono in quanto membri della società umana. Cerchino di metterli in armonia, ricordandosi che in ogni cosa temporale devono essere guidati dalla coscienza cristiana, poiché nessuna attività umana, neanche in materia temporale, può essere sottratta al dominio di Dio» ( Lumen gentium ,36).

LA DIGNITÀ DELLA PERSONA UMANAArt. 1700

La dignità della persona umana si radica nella creazione ad immagine e somiglianza di Dio; ha il suo compimento nella vocazione alla beatitudine divina. È proprio dell'essere umano tendere liberamente a questo compimento. Con i suoi atti liberi, la persona umana si conforma, o non si conforma, al bene promesso da Dio e attestato dalla coscienza morale. Gli esseri umani si edificano da se stessi e crescono interiormente: di tutta la loro vita sensibile e spirituale formano la materia per la loro crescita. Con l'aiuto della grazia progrediscono nella virtù, evitano il peccato e, se l'hanno commesso, si affidano, come il figlio prodigo (Cf Lc 15,11-31 ), alla misericordia del nostro Padre dei cieli. Così raggiungono la perfezione della carità.

Art. 1706

Con la sua ragione l'uomo conosce la voce di Dio che lo «chiama sempre [...] a fare il bene e a fuggire il male». Ciascuno è tenuto a seguire questa legge che risuona nella coscienza e che trova il suo compimento nell'amore di Dio e del prossimo. L'esercizio della vita morale attesta la dignità della persona ( Gaudium et spes,16 ).

Art. 1749

La libertà fa dell'uomo un soggetto morale. Quando agisce liberamente, l'uomo è, per così dire, padre dei propri atti. Gli atti umani, cioè gli atti liberamente scelti inbase ad un giudizio di coscienza, sono moralmente qualificabili. Essi sono buoni o cattivi.

Art. 1776

«Nell'intimo della coscienza l'uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire e la cui voce, che lo chiama sempre ad amare e a fare il bene e a fuggire il male, quando occorre, chiaramente parla alle orecchie del cuore [...]. L'uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al suo cuore [...]. La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell'intimità propria» ( Gaudium et spes, 16 ).

Art. 1777

Presente nell'intimo della persona, la coscienza morale le ingiunge, al momento opportuno, di compiere il bene e di evitare il male. Essa giudica anche le scelte concrete, approvando quelle che sono buone, denunciando quelle cattive. Attesta l'autorità della verità in riferimento al Bene supremo, di cui la persona umana avverte l'attrattiva ed accoglie i comandi. Quando ascolta la coscienza morale, l'uomo prudente può sentire Dio che parla (Cf. Rm 2,14-16 Rm 1,32 ).

Art. 1778

La coscienza morale è un giudizio della ragione mediante il quale la persona umana riconosce la qualità morale di un atto concreto che sta per porre, sta compiendo o ha compiuto. In tutto quello che dice e fa, l'uomo ha il dovere di seguire fedelmente ciò che sa essere giusto e retto. È attraverso il giudizio della propria coscienza che l'uomo percepisce e riconosce i precetti della Legge divina: La coscienza «è una legge del nostro spirito, ma che lo supera, che ci dà degli ordini, che indica responsabilità e dovere, timore e speranza. [...] Essa è la messaggera di colui che, nel mondo della natura come in quello della grazia, ci parla velatamente, ci istruisce e ci guida. La coscienza è il primo di tutti i vicari di Cristo» (John Henry Newman, Lettera al Duca di Norfolk, 5).

Art. 1779

L'importante per ciascuno è di essere sufficientemente presente a se stesso al fine di sentire e seguire la voce della propria coscienza. Tale ricerca di interiorità è quanto mai necessaria per il fatto che la vita spesso ci mette in condizione di sottrarci ad ogni riflessione, esame o introspezione: «Ritorna alla tua coscienza, interrogala. [...] Fratelli, rientrate in voi stessi e in tutto ciò che fate fissate lo sguardo sul Testimone, Dio» (Sant'Agostino, In epistolam Ioannis ad Parthos tractatus, 8, 9 ).

Art. 1780

La dignità della persona umana implica ed esige la rettitudine della coscienza morale. La coscienza morale comprende la percezione dei principi della moralità (sinderesi), la loro applicazione nelle circostanze di fatto mediante un discernimento pratico delle ragioni e dei beni e, infine, il giudizio riguardante gli atti concreti che si devono compiere o che sono già stati compiuti. La verità sul bene morale, dichiarata nella legge della ragione, è praticamente e concretamente riconosciuta attraverso il giudizio prudente della coscienza. Si chiama prudente l'uomo le cui scelte sono conformi a tale giudizio.

Art. 1781

La coscienza permette di assumere la responsabilità degli atti compiuti. Se l'uomo commette il male, il retto giudizio della coscienza può rimanere in lui testimonedella verità universale del bene e, al tempo stesso, della malizia della sua scelta particolare. La sentenza del giudizio di coscienza resta un pegno di speranza e di misericordia. Attestando la colpa commessa, richiama al perdono da chiedere, al bene da praticare ancora e alla virtù da coltivare incessantemente con la grazia di Dio: «Davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa» ( 1Gv 3,19-20 ).

Art. 1782

L'uomo ha il diritto di agire in coscienza e libertà, per prendere personalmente le decisioni morali. L'uomo non deve essere costretto «ad agire contro la sua coscienza. Ma non si deve neppure impedirgli di operare in conformità ad essa, soprattutto in campo religioso» (Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 3 ).

Art. 1783

La coscienza deve essere educata e il giudizio morale illuminato. Una coscienza ben formata è retta e veritiera. Essa formula i suoi giudizi seguendo la ragione, in conformità al vero bene voluto dalla sapienza del Creatore. L'educazione della coscienza è indispensabile per esseri umani esposti a influenze negative e tentati dal peccato a preferire il loro proprio giudizio e a rifiutare gli insegnamenti certi.

Art. 1784

L'educazione della coscienza è un compito di tutta la vita. Fin dai primi anni essa dischiude al bambino la conoscenza e la pratica della legge interiore, riconosciuta dalla coscienza morale. Un'educazione prudente insegna la virtù; preserva o guarisce dalla paura, dall'egoismo e dall'orgoglio, dai sensi di colpa e dai moti di compiacenza, che nascono dalla debolezza e dagli sbagli umani. L'educazione della coscienza garantisce la libertà e genera la pace del cuore.

Art. 1785

Nella formazione della coscienza la Parola di Dio è la luce sul nostro cammino; la dobbiamo assimilare nella fede e nella preghiera e mettere in pratica. Dobbiamo anche esaminare la nostra coscienza rapportandoci alla croce del Signore. Siamo sorretti dai doni dello Spirito Santo, aiutati dalla testimonianza o dai consigli altrui, e guidati dall'insegnamento certo della Chiesa (Cf Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 14 ).

Art. 1786

Messa di fronte ad una scelta morale, la coscienza può dare sia un giudizio retto in accordo con la ragione e con la Legge divina, sia, al contrario, un giudizio erroneo che da esse si discosta.

Art. 1787

L'uomo talvolta si trova ad affrontare situazioni che rendono incerto il giudizio morale e difficile la decisione. Egli deve sempre ricercare ciò che è giusto e buono e discernere la volontà di Dio espressa nella Legge divina.

Art. 1788

A tale scopo l'uomo si sforza di interpretare i dati dell'esperienza e i segni dei tempi con la virtù della prudenza, con i consigli di persone avvedute e con l'aiuto dello Spirito Santo e dei suoi doni.

Art. 1789

Alcune norme valgono in ogni caso:

— Non è mai consentito fare il male perché ne derivi un bene.— La «regola d'oro»: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro» ( Mt 7,12 ). (Cf Lc 6,31 Tb 4,15 ). — La carità passa sempre attraverso il rispetto del prossimo e della sua coscienza. Parlando «così contro i fratelli e ferendo la loro coscienza [...] voi peccate contro Cristo» ( 1 Cor 8,12 ). «È bene non [...] [fare] cosa per la quale il tuo fratello possa scandalizzarsi» ( Rm 14,21 ).

Art. 1790

L'essere umano deve sempre obbedire al giudizio certo della propria coscienza. Se agisse deliberatamente contro tale giudizio, si condannerebbe da sé. Ma accade che la coscienza morale sia nell'ignoranza e dia giudizi erronei su azioni da compiere o già compiute.

Art. 1791

Questa ignoranza spesso è imputabile alla responsabilità personale. Ciò avviene «quando l'uomo non si cura di cercare la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito all'abitudine del peccato».77 In tali casi la persona è colpevole del male che commette (Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 16 ).

Art. 1792

All'origine delle deviazioni del giudizio nella condotta morale possono esserci la non conoscenza di Cristo e del suo Vangelo, i cattivi esempi dati dagli altri, la schiavitù delle passioni, la pretesa di una malintesa autonomia della coscienza, il rifiuto dell'autorità della Chiesa e del suo insegnamento, la mancanza di conversione e di carità.

Art. 1793

Se — al contrario — l'ignoranza è invincibile, o il giudizio erroneo è senza responsabilità da parte del soggetto morale, il male commesso dalla persona non può esserle imputato. Nondimeno resta un male, una privazione, un disordine. È quindi necessario adoperarsi per correggere la coscienza morale dai suoi errori.

Art. 1794

La coscienza buona e pura è illuminata dalla fede sincera. Infatti la carità «sgorga», ad un tempo, «da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera» ( 1 Tm 1,5 ):

«Quanto più prevale la coscienza retta, tanto più le persone e i gruppi sociali si allontanano dal cieco arbitrio e si sforzano di conformarsi alle norme oggettive della moralità» (Cf 1 Tm 3,9 2 Tm 1,3 1 Pt 3,21 At 24,16 ; Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 16 ).

Art. 1806

La prudenza è la virtù che dispone la ragione pratica a discernere in ogni circostanza il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per compierlo. L'uomo « accorto controlla i suoi passi » ( Prv 14,15 ). « Siate moderati e sobri per dedicarvi alla preghiera » ( 1 Pt 4,7 ). La prudenza è la « retta norma dell'azione », scrive san Tommaso ( Summa theologiae, II-II, q. 47, a. 2 , sed contra) sulla scia di Aristotele. Essa non si confonde con la timidezza o la paura, né con la doppiezza o la dissimulazione. È detta « auriga virtutum – cocchiere delle virtù »: essa dirige le altre virtù indicando loro regola e misura. È la prudenza che guida immediatamente il giudizio di coscienza. L'uomo prudente decide e ordina la propria condottaseguendo questo giudizio. Grazie alla virtù della prudenza applichiamo i principi morali ai casi particolari senza sbagliare e superiamo i dubbi sul bene da compiere e sul male da evitare.

LA LEGGE MORALEArt. 1962

La Legge antica è il primo stadio della Legge rivelata. Le sue prescrizioni morali sono riassunte nei dieci comandamenti. I precetti del Decalogo pongono i fondamenti della vocazione dell'uomo, creato ad immagine di Dio; vietano ciò che è contrario all'amore di Dio e del prossimo, e prescrivono ciò che gli è essenziale. Il Decalogo è una luce offerta alla coscienza di ogni uomo per manifestargli la chiamata e le vie di Dio, e difenderlo contro il male:

Dio « ha scritto sulle tavole della Legge ciò che gli uomini non riuscivano a leggere nei loro cuori » (Sant'Agostino, Enarratio in Psalmum 57, 1 ).

Art. 1970

La Legge evangelica implica la scelta decisiva tra « le due vie » (Cf Mt 7,13-14 ) e mettere in pratica le parole del Signore (Cf Mt 7,21-27 .); essa si riassume nella regola d'oro: « Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti » (Mt 7,12 ) (Cf Lc 6,31 ).

Art. 1971

Al discorso del Signore sulla montagna è opportuno aggiungere la catechesi morale degli insegnamenti apostolici come Rm 12-15 1 Cor 12-13 Col 3-4 Ef 4-6 ; ecc. Questa dottrina trasmette l'insegnamento del Signore con l'autorità degli Apostoli, particolarmente attraverso l'esposizione delle virtù che derivano dalla fede in Cristo e che sono animate dalla carità, il principale dono dello Spirito Santo. « La carità non abbia finzioni. [...] Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno. [...] Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell'ospitalità » ( Rm 12,9-13 ). Questa catechesi ci insegna anche a considerare i casi di coscienza alla luce del nostro rapporto con Cristo e con la Chiesa (Cf Rm 14 1 Cor 5-10 ).

VITA MORALE E MAGISTERO DELLA CHIESAArt. 2033

Il Magistero dei Pastori della Chiesa in materia morale ordinariamente si esercita nella catechesi e nella predicazione, con l'aiuto delle opere dei teologi e degli autori spirituali. In tal modo, di generazione in generazione, sotto la guida e la vigilanza dei Pastori, si è trasmesso il « deposito » della morale cristiana, composto da un insieme caratteristico di norme, di comandamenti e di virtù che derivano dalla fede in Cristo e che sono vivificati dalla carità. Tale catechesi ha tradizionalmente preso come base, accanto al Credo e al Pater, il Decalogo, che enuncia i principi della vita morale validi per tutti gli uomini.

Art. 2034

Il Romano Pontefice e i Vescovi « sono i dottori autentici, cioè rivestiti dell'autorità di Cristo, che predicano al popolo loro affidato la fede da credere e da applicare nella pratica della vita » (Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 25 ). Il Magistero ordinario e universale del Papa e dei Vescovi in comunione con lui insegna ai fedeli la verità da credere, la carità da praticare, la beatitudine da sperare.

Art. 2035

Il grado più alto nella partecipazione all'autorità di Cristo è assicurato dal carisma dell'infallibilità. Essa « si estende tanto quanto il deposito della divina rivelazione » (Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 25 ); si estende anche a tutti gli elementi di dottrina, ivi compresa la morale, senza i quali le verità salvifiche della fede non possono essere custodite, esposte o osservate (Cf Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Mysterium Ecclesiae, 3 ).

Art. 2036

L'autorità del Magistero si estende anche ai precetti specifici della legge naturale, perché la loro osservanza, chiesta dal Creatore, è necessaria alla salvezza. Richiamando le prescrizioni della legge naturale, il Magistero della Chiesa esercita una parte essenziale della sua funzione profetica di annunziare agli uomini ciò che essi sono veramente e di ricordare loro ciò che devono essere davanti a Dio (Cf Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 14 ).

Art. 2037

La Legge di Dio, affidata alla Chiesa, è insegnata ai fedeli come cammino di vita e di verità. I fedeli hanno, quindi, il diritto (Cf CIC canone 213 ) di essere istruiti intorno ai precetti divini salvifici, i quali purificano il giudizio e, mediante la grazia, guariscono la ragione umana ferita. Hanno il dovere di osservare le costituzioni e i decreti emanati dalla legittima autorità della Chiesa. Anche se sono disciplinari, tali deliberazioni richiedono la docilità nella carità.

Art. 2038

Nell'opera di insegnamento e di applicazione della morale cristiana, la Chiesa ha bisogno della dedizione dei Pastori, della scienza dei teologi, del contributo di tutti i cristiani e degli uomini di buona volontà. Attraverso la fede e la pratica del Vangelo i singoli fanno un'esperienza della « vita in Cristo », che li illumina e li rende capaci di discernere le realtà divine e umane secondo lo Spirito di Dio (Cf 1 Cor 2,10-15 ). Così lo Spirito Santo può servirsi dei più umili per illuminare i sapienti e i più eminenti in dignità.

Art. 2039

I ministeri vanno esercitati in uno spirito di servizio fraterno e di dedizione alla Chiesa, in nome del Signore (Cf Rm 12,8-11 ). Al tempo stesso la coscienza di ognuno, nel suo giudizio morale sui propri atti personali, deve evitare di rimanere chiusa entro i limiti di una considerazione individuale. Come meglio può, deve aprirsi alla considerazione del bene di tutti, quale è espresso nella legge morale, naturale e rivelata, e conseguentemente nella legge della Chiesa e nell'insegnamento autorizzato del Magistero sulle questioni morali. Non bisogna opporre la coscienza personale e la ragione alla legge morale o al Magistero della Chiesa.