Perché le patate fritte?
Chi era presente già lo sa ma l'immagine serve solo per aiutarci a ricordare questo incontro, in fondo al capitolo la risposta.
Il titolo dell'incontro si riferisce all'8° capitolo del libro di Jean Vanier dal titolo "La comunità. Luogo del perdono e della festa" che, con il capitolo sull'accoglienza, ci aiuta nel cammino.
Incontro in presenza
Questo incontro è per noi un grande dono di Dio ed un'occasione di ringraziamento per essere avvenuto in presenza accolti dalla Fraternità dopo oltre un anno di incontri in videoconferenza.
Qualcuno, per impossibilità a partecipare in presenza, si è comunque collegato in videoconferenza ma con la stessa viva ed entusiasta partecipazione.
Interrogativi
Il tema dell'accoglienza era stato già introdotto durante lo scorso incontro con l'invito a leggere e riflettere sull'ottavo capitolo del libro di Jean Vanier "La comunità. Luogo del perdono e della festa".
Tutto l'incontro è stato incentrato sulla condivisione di quanto la lettura del capitolo ha suscitato in ciascuno di noi che, a quanto pare, ha visto una partecipazione veramente intensa, quasi inaspettata!
Durante l'incontro sono emersi una serie di interrogativi che ci hanno accomunati in un pensiero estremamente condiviso:
- perché accogliere?
- perché ho difficoltà ad accogliere gli altri?
- siamo accoglienti?
- ci sentiamo accolti gli uni gli altri?
è paradossale che le domande siano sorte proprio dalla lettura di questo capitolo in cui ci saremmo aspettati di trovare le risposte.
In effetti, proprio la lettura del capitolo ci ha posto questi interrogativi mettendoci anche in discussione.
Perché accogliere?
Bene o male pare sia capitato a tutti di accogliere qualcuno ascoltandolo, ospitandolo, aiutandolo o in qualsiasi altra maniera ma l'efficacia di questa accoglienza dipende dalla motivazione che ci spinge a farlo: diverso è se lo facciamo per fuggire da qualcos'altro piuttosto che per amore dell'altro, così come diverso è se lo facciamo per una gratificazione personale piuttosto che per soddisfare il bisogno dell'altro.
Succede spesso che si vuole aiutare ma questo aiuto viene rifiutato o non viene capito ma se ciò che mi spinge ad aiutare è un sentimento autentico pur non "inseguendo" l'altro per imporgli il nostro aiuto, lasciamo comunque aperta la porta del nostro cuore.
Perché ho difficoltà ad accogliere?
Sembra che tutti riconosciamo questa incapacità ad accogliere o, quantomeno, ad accogliere come ci accoglie Gesù. Probabilmente la difficoltà nasce dal fatto che nell'altro vedo la parte di me che meno mi piace e la rifiuto, da qui la necessità di rinunciare a parte di sé stessi per acquisire la capacità di accogliere l'altro.
L'accoglienza presuppone l'ascolto e non c'è ascolto se non c'è amore, ne è un esempio l'ascolto di Maria. Accogliere è segno di maturità umana e cristiana e non basta aprire la porta ma occorre fare spazio nel proprio cuore e guardare gli altri con sguardo d'amore, morire a sé stessi rischiando anche di essere vulnerabili.
Siamo accoglienti?
Jean Vanier sostiene che "l'accoglienza è il primo segno di una comunità viva" ed ecco che per rispondere a questa domanda basterebbe vedere se siamo tale.
Siamo accoglienti nella misura in cui facciamo sentire il fratello a proprio agio, se lo facciamo nella verità e questo costa fatica.
Possiamo essere accoglienti se come comunità siamo uniti, che sia la famiglia, la Fraternità o altro e la comunità che non accoglie muore come tale, occorre unità e quindi occorre accettare anche le differenze che vanno viste come una ricchezza.
Ci sentiamo accolti gli uni glia altri?
Questa domanda è stata sviscerata solo in maniera marginale ma rimane aperta in maniera provocatoria perché possa trovare una risposta e, se necessario, un rimedio.
L'accoglienza e la Fede
L'accoglienza è un dono che dobbiamo chiedere nella preghiera e che presuppone l'Amore che viene dal Padre. Solo se viene da Dio l'accoglienza è autentica e viene recepita. Ciò è possibile solo se prendiamo coscienza che siamo da Lui amati così come siamo.
Il Signore ci sta facendo percorrere un itinerario che dal tema dell'ascolto ci ha portati al tema dell'accoglienza.
Vivere tutto questo da oblati come prolungamento della Fraternità è possibile perché se il Signore ci ha chiamati vuol dire che ci ha donato questo carisma.
Il nostro è prima di tutto un cammino di Fede che deve rasserenarci di fronte a tutti quegli interrogativi che ci siamo posti, insomma, non devo preoccuparmi troppo, ci pensa il Signore, devo solo avere il desiderio di amare i fratelli e le sorelle nel cammino ma ancora prima la famiglia ed ancora prima me stesso.
Quando siamo chiamati ad accogliere non dobbiamo fare altro che affidarci a Lui, magari chiedendo l'intercessione di Maria, pregando ed agendo.
Tanti sono quelli che accolgono, magari con qualche corso di psicologia, di preparazione e di formazione ma quando si passa dalla teoria alla pratica tutto cambia; non devo farmi troppi problemi ma devo solo cercare di incarnare il Vangelo: Gesù non si fa domande, accoglie e basta.
La metafora delle patate fritte
In conclusione, noi oblati siamo come delle patate che devono essere private di qualcosa e quindi mondate e lavate [Sal 50:9], che devono passare attraverso mille difficoltà [2Cor 1:3-4] e quindi essere affettate, che devono essere immerse nella preghiera e avere la benedizione di Dio [Dt 33:24] e quindi fritte, che devono agire costantemente nella verità, segno dell'Alleanza con Dio [Lv 2:13] e quindi salate: il risultato è delizioso... se poi ci mettiamo un po' di maionese... qualcuno trovi l'associazione!!!